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brano
 
Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), X, 22
 
originale
 
22. Sed angebar plane non exili metu reputans, quem ad modum tantis tamque magis cruribus possem delicatam matronam inscendere vel tam lucida tamque tenera et lacte ac melle confecta membra duris ungulis complecti labiasque modicas ambroseo rore purpurantes tam amplo ore tamque enormi et saxeis dentibus deformi saviari, novissime quo pacto, quanquam ex unguiculis perpruriscens, mulier tam vastum genitale suscipet: heu me, qui dirrupta nobili femina bestiis obiectus munus instructurus sim mei domini! Molles interdum voculas et adsidua savia et dulces gannitus commorsicantibus oculis iterabat illa, et in summa: "Teneo te" inquit "teneo, meum palumbulum, meum passerem" et cum dicto vanas fuisse cogitationes meas ineptumque monstrat metus. Artissime namque complexa totum me prorsus, sed totum recepit. Illa vero quotiens ei parcens nates recellebam, accendes toties nisu rabido et spinam prehendes meam adplicitiore nexu inhaerebat, ut hercules etiam deesse mihi aliquid ad supplendam eius libidinem crederem, nec Minotauri matrem frustra delectatam putarem adultero mugiente. Iamque operosa et pervigili nocte transacta, vitata lucis conscientia facessit mulier condicto pari noctis futurae pretio.
 
traduzione
 
Tuttavia ero preoccupato e non poco se pensavo in che modo avrei fatto con quelle mie zampe grandi e grosse a montare una donna cos? delicata, ad abbracciare con i miei duri zoccoli quelle membra bianche, morbidette, fatte di latte e di miele, baciare quelle sue labbruzze rosse e umide d'ambrosia, io che avevo una bocca spropositata, enorme; armata di denti che sembravano macigni e, infine, come avrebbe fatto quella donna, bench? tutta in calore fino alle punta delle unghie, ad accogliere in se un affare cos? grosso come il mio. ?Povero me,? dicevo, ?se ti sventro questa nobildonna sar? gettato alle belve e fornir? una scena in pi? allo spettacolo del mio padrone.? Intanto lei continuava a sussurrarmi dolci paroline, a coprirmi di baci, a mangiarmi con gli occhi fra gagnolii di piacere: ?Finalmente ti tengo, ti godo piccioncino, passerottino mio,? e cos? dicendo mi dimostrava che erano del tutto infondate le mie preoccupazioni e fuor di luogo ogni timore. Infatti, tenendomi stretto stretto a s?, lo prese tutto, ma proprio tutto; anzi ogni volta che io mi tiravo un po' indietro con le natiche, temendo di farle male, lei, di forza, tutta stizzita, mi si riattaccava e aggrappandosi alla mia schiena, mi teneva in una stretta ancor pi? intima, tanto che addirittura mi venne il dubbio se, perbacco, non me ne mancasse un po' per soddisfare del tutto la sua libidine, e capii quale piacere doveva aver provato la madre del Minotauro col suo muggente amante. Dopo una notte insonne e laboriosa, tutta spesa cos?, la signora fugg? via evitando la compromettente luce dell'alba, non prima per? di essersi accordata per la notte successiva allo stesso prezzo.
 

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